Voi
credete che i pettegoli abbiano quel silenzio interiore necessario per
incontrarsi con Dio? No, vero? Ebbene, nei conventi ci sono
novizi-pettegoli, e quelli non progrediscono nel cammino della preghiera.
Fate attenzione a non essere così.
Fate in modo che in casa vi sia silenzio, non evitate soltanto le
conversazioni inutili che distraggono voi e gli altri, ma evitate anche i
rumori: non sbattete le porte, non muovete le sedie rumorosamente; una casa
silenziosa favorisce il pensare a Dio. Fate questo per amore degli altri,
per non turbarli, per aiutarli a stare con Dio.
P.
Félix viveva in questa presenza di Dio. Centinaia di volte lo abbiamo
ascoltato riassumere le sue prediche in un modo molto peculiare: chiudeva
gli occhi e lentamente diceva: "Dio… Dio… Dio… Dio… Solo Dio …".
In
una lettera mi scrisse: "La mia salute non va molto bene, ho parecchi
acciacchi in verità; però ho questa presenza di Dio che non mi lascia
nemmeno per un istante".
Quanto all’Eucaristia, le sue raccomandazioni erano molto frequenti, ma
quello che più impressionava era il vederlo
celebrare la Santa Messa giornaliera. Non l’ho mai visto frettoloso, né
distratto. È evidente che stava facendo
quello che con le sue parole ci insegnava: "Offrite al Padre, l’unica
offerta perfetta, cioè Gesù, in unione con Maria, nostra Madre che Lo offre
sempre in cielo; unitevi alle sue intenzioni tanto sagge, all’amore tanto
grande per tutti. Con Lei offrite Gesù al Padre chiedendogli che venga il
Suo regno e che si faccia la sua volontà sulla terra. Però offrite voi
stessi con Gesù, incondizionatamente, per quello che il Padre vuole da voi,
senza timori, perché nessuno vi ama come questo Padre d’infinita bontà".
La
stessa cosa si può dire della preghiera davanti a Gesù
Eucaristico. Certamente ci parlava molto di
queste cose, ma l’insegnamento più efficace ci veniva dal suo esempio.
Nonostante i numerosi impegni, era molto costante nella pratica
dell’adorazione, un’ora durante il giorno, un’ora durante la notte. Un
giorno ci disse:
“Quando mi vedete in cappella non chiamatemi per nessun motivo, a meno che
non venga a cercarmi un vescovo. È l’ora dedicata a Gesù, e tutto il resto
deve aspettare”.
Durante la notte faceva il suo turno di adorazione di un’ora, come tutti
noi: con una croce di legno, non particolarmente pesante, su una spalla, ed
una corona di spine sul capo, che non aveva lo scopo di infliggere
sofferenza, ma era solo un simbolo. Diceva Padre Félix che questi segni
servivano a renderci consapevoli che stavamo offrendoci al Padre in unione
con Gesù, così come Egli stesso fece quando era sulla croce e coronato di
spine, con tutto il nostro amore e per la salvezza di tutti.
A
volte rimaneva per due o tre turni. Ci risulta che talvolta rimaneva tutta
la notte davanti al Santissimo Sacramento, perché il novizio che aveva il
compito di rassettare la sua stanza, trovava il letto intatto. Una volta mi
alzai in fretta e andai in cappella, e lì trovai P. Félix, profondamente
addormentato. Aveva voluto vegliare tutta la notte con Nostro Signore, ma il
sonno lo aveva vinto.
Ricordo che, ogni volta che dovevo uscire con lui, mi diceva: "Andiamo a
congedarci dal Signore", e al ritorno diceva: "Andiamo a salutare il
Signore". Si trattava solo di un paio di minuti, ma bisognava vedere il suo
raccoglimento, e come si genufletteva entrando e uscendo dalla cappella… Era
evidente che egli adempiva con zelo quello che a noi raccomandava spesso:
"Fate le vostre genuflessioni con fede".
L’AMORE VERSO IL PROSSIMO
Su
questo tema il nostro fondatore non seguiva troppe teorie, anzi, andava
piuttosto sul pratico. Quelli che seguono sono alcuni dei suoi consigli, che
ricordo, circa la carità cristiana:
"Durante la conversazione non interrompete mai chi sta parlando, lasciatelo
finire e mostrate attenzione e interesse anche se dice cose noiose. Non
pretendete di imporre le vostre opinioni; sappiate cedere, perché l’unione e
la pace valgono più di qualsiasi cosa. Non cercate il ruolo del protagonista
della conversazione; lasciate che tutti partecipino, e se necessario
osservate il silenzio per lasciare spazio agli altri.
Se
siete di cattivo umore dissimulatelo; gli altri non sono responsabili di ciò
che vi sta accadendo. Mostrate sempre buon viso cercando in tal modo di
mettere allegria in tutti.
Non
cercate di divertirvi a spese degli altri. Sappiate trattenere la parolina,
forse ingegnosa e magari opportuna, se credete che possa causare pena o
molestia al fratello. Non burlatevi mai di nessuno; e nemmeno cercate di far
brillare il vostro ingegno a spese di altri.
Nelle ricreazioni, siate disposti a partecipare ai giochi che piacciono agli
altri anche se per voi non sono i più graditi.
Durante i pasti, non concentratevi troppo sul vostro piatto; guardate se gli
altri hanno qualche necessità, se mancano di qualcosa, servitegli l’acqua.
Trattate con più cortesia coloro che vi sono meno simpatici; è così che ci
si abitua a non discriminare nessuno: questo è il vero amore.
Parlate bene degli altri, perché questo produce unione nella comunità. Non
parlate mai male di nessuno. E nemmeno giudicate male nessuno perché spetta
a Dio giudicarci.
Fate attenzione alle qualità degli altri. Tutti hanno pregi, anche se non
sempre sanno sfruttarli. Incoraggiate gli altri a sviluppare le loro buone
attitudini.
Siate buoni con i superiori. Siate comprensivi. Non è facile essere
superiore, è un incarico pesante e ingrato. E comunque il superiore, che
faccia bene o male, non ha colpa per essere stato assegnato a questo
incarico. Io vi assicuro che tutti loro non desiderano altro che compiere il
proprio dovere nel miglior modo possibile".
Così erano i suoi consigli sulla carità: pratici. Era molto benevolo nel
correggere le nostre mancanze, ma quando venivamo meno alla carità fraterna
diventava severo.
Anche su questo punto il migliore insegnamento per noi fu il suo esempio
costante. Tutti sono concordi nell’affermare che la virtù che più lo
distingueva è sempre stata la bontà. Era così attento con ogni singolo, che
ciascuno di noi pensava di essere il suo beniamino. Aveva un elenco con il
compleanno di tutti noi e non trascurava mai di mandare un biglietto di
auguri, molto breve ma affettuoso. Lo scriveva di suo pugno, in due colori,
in rosso quello a cui voleva dare più enfasi.
Mostrava il suo amore anche per mezzo della gratitudine. Non ho mai sentito
nessuno dire "grazie" con tanta sincerità come nostro Padre. Gli usciva dal
fondo dell’anima. "Grazie, figliolo caro" era una sua tipica espressione.
Una
volta che era malato gli portai il pranzo. Quando tornai a prendere il
vassoio gli chiesi:
-Era buono, mon Père?-.
-Oh
sì, grazie, aveva il sapore dell’amore!-.
IL
SACRIFICIO
Padre Félix usava far penitenze e digiunare. Ma da buon direttore
spirituale. sapeva che Dio non guida tutti solo su di un unico cammino. Per
questo soleva dirci:
“Gesù ci dice che se vogliamo essere suoi discepoli dobbiamo seguirlo
«portando la croce di ogni giorno». Questo significa che senza la croce non
possiamo seguire Gesù. Però questa croce quotidiana non consiste nel fare
penitenze, ma nell’offrire a Dio con amore tutto ciò che ci costa
sacrificio: l’osservanza religiosa, la pazienza con gli altri, l’adempimento
fedele dei nostri doveri, la preghiera quando ci troviamo in periodi di
aridità spirituale, il vincere le tentazioni per osservare i comandamenti
del Signore…Tutto questo è «la croce di ogni giorno».
Essere sacrificati significa dire molte volte durante la giornata: -Niente
per me, tutto per Gesù-.
Il
miglior consiglio che posso darvi su questo punto, è quello che distingue la
nostra spiritualità: essere vittima in unione con Gesù, che si offrì sempre
al Padre, mosso dall’immenso amore che lo Spirito Santo aveva riversato
in Lui.
L’essere vittima con Gesù non consiste nemmeno nel fare penitenze. È
piuttosto un’attitudine interiore, è un Sì costante a tutto ciò che Dio ci
chiede, ma un Sì grande, grande come il cielo; un abbandono fiducioso e
generoso, senza limiti, né condizioni. Questo significa essere vittima,
questo e nient’altro: amare davvero, con tutte le conseguenze di un vero
amore.
Per
Gesù comunque «giunse la sua ora». Forse non faceva penitenze, ma una notte
venne l’ora del Getsemani, del giudizio ingiusto e della condanna e della
flagellazione e del portare la croce e dell’esservi inchiodato; e Gesù disse
Sì al Padre: «non si faccia la mia, ma la Tua volontà». «Padre, nelle tue
mani consegno la mia vita».
Così anche per noi arriverà la nostra ora. L’ora della malattia, l’ora di
una tentazione molto forte. L’ora della perdita delle persone più care.
L’ora dell’incomprensione, della calunnia, della persecuzione, del giudizio
ingiusto. E allora diremo lo stesso Sì di Gesù, strettamente uniti a Lui e
con la forza dello stesso Spirito Santo che sempre diede a Gesù il coraggio
e la luce e l’amore per offrirsi al Padre, per la salvezza di tutti.
Capite che cos’è la Spiritualità della Croce? Bene, questo dunque significa
essere sacrificati, questo significa portare sempre la Croce con Gesù".
Un
giorno accompagnai nostro Padre alla Scuola Apostolica. Visitò ogni salone,
strinse la mano a ciascun Apostolico e con tutti scambiò qualche parola.
Ricordo che ai più piccoli, quelli del corso propedeutico, raccontava questa
storiella:
“Un giorno San Pietro perse le
chiavi del cielo. Così, nessuno poteva entrare, si stava formando una lunga
fila all’ingresso e… niente, la chiave non si trovava. San Pietro stesso era
rimasto fuori, e non poteva entrare, e la fila si allungava sempre più e
tutti diventavano impazienti…
San
Pietro scoppiò in lacrime. Allora una vecchina uscì dalla fila, si avvicinò
a San Pietro e strizzando un occhio gli disse:
-Non piangere, io ho la chiave-.
-Ce
l’hai tu!
Me
l’avevi rubata?-.
-No! Non dire sciocchezze… Io l’ho sempre avuta…-, e la vecchina si tolse
dal collo una catena con una croce che le aveva dato la mamma quando era
bambina, e disse a San Pietro:
-Non sai che questa è la chiave cha ha aperto a tutti noi la porta del
cielo, e che chiunque porti la Croce di Gesù non resta mai fuori?-. E subito
si diressero alla porta, la vecchina infilò la sua croce nella serratura e
subito spalancò la porta perché tutti entrassero. E voi, cari ragazzi,
portate sempre la croce di Gesù? Non crediate che si tratti di portarla
appesa ad una catenina, no. Si tratta di imitare Gesù, che fece
sempre la volontà del Padre, sempre,
sempre, fino alla morte di croce".
AMORE PER LA VERGINE MARIA
Non
dimentichiamo che Padre Félix rimase nella Società di Maria dai 19 ai 53
anni. Non sorprende dunque che avesse una grande fiducia nella Madre di Gesù
ed un grande amore per Lei. Il Padre non fu uno scrittore. Scrisse un
opuscolo intitolato Conferenza sulle stelle ed un altro sulla vita di
Madre Martell. L’unico libro che scrisse si intitola Maria, il che è
molto significativo. Padre Félix pregava quotidianamente le tre parti del
rosario, cioè 150 Ave Maria. Lo vedevamo camminare in giardino con il
rosario tra le mani, pregare e pregare…e poiché eravamo novizi, eravamo
imprudenti e lo avvicinavamo per chiedergli qualcosa… cose insignificanti…
ma lui ci sorrideva e ci ascoltava, così come avrebbe fatto la Madre di Gesù
con la quale in quel momento era fortemente unito. Per questo seppi che il
nostro Padre fondatore pregava bene il rosario. Padre Félix istituì
un’usanza che continua ancora oggi: in ogni casa della nostra congregazione,
sulla porta del superiore, c’è sempre un’immagine di Maria. Il nostro
superiore ci spiegava che questo significa che la vera superiora e Regina di
ciascuna delle nostre case, è la Madre di Gesù, che è anche nostra Madre.
Questo capitolo potrebbe prolungarsi molto se volessi raccogliere qui le
tante testimonianze che sugli insegnamenti di P. Félix ci hanno lasciato i
suoi discepoli diretti. Però questo non è necessario, giacché la seconda
parte di questo libro tratterà della SPIRITUALITÀ DEL NOSTRO FONDATORE e lì
conosceremo meglio i suoi insegnamenti con le sue stesse parole, cioè, a
base di citazioni letterali di quanto ci ha lasciato scritto.