TESTIMONIANZE
In
questo capitolo voglio raccogliere le testimonianze di alcuni tra coloro che
convissero con Padre Félix, perché attraverso loro
potremmo conoscere meglio il fondatore dei missionari dello Spirito
Santo.
Dicono quelli che lo conobbero, che Padre Félix era alto e corpulento,
misurava 1,78. Capigliatura folta, ondulata e precocemente incanutita. Gli
occhi di colore azzurro scuro, sovrastati da sopraciglia ampie, scure e
folte. Aveva uno sguardo benevolo, che infondeva pace, e un sorriso sempre
aperto.
Abbiamo molte fotografie di Padre Félix (in bianco e nero) e decisamente non
era fotogenico; quasi in nessuna è riuscito bene.
Padre Manuel Hernández, che era uno di quei seminaristi di Morelia
contagiati dalla "febbre francese", ci riferisce:
“Padre Félix era un uomo straordinariamente attivo e lavoratore.
Non lo vidi mai perdere tempo. Era molto
responsabile, e il suo esempio costante, trasmetteva anche a tutti noi
novizi quell’attitudine al lavoro e alla responsabilità
Era
un condottiero nato. Tutti noi lo ammiravamo, lo amavamo e desideravamo la
sua presenza, senza che egli facesse nulla per ottenerlo. Durante le
ricreazioni (egli diceva la "recreación" come si dice in francese)
era il centro del piccolo gruppo di novizi, metteva allegria in tutti,
faceva scherzi, raccontava cose molto interessanti. Ci insegnava che durante
la ricreazione nessuno aveva diritto di
essere triste, per il bene dei fratelli. Soleva ripetere: -la ricreazione è
ricreazione-.
Parlava molto bene lo spagnolo, ma pronunciava la erre alla francese.
Talvolta, dopo aver scritto in francese lettere o appunti, confondeva i
verbi. Per esempio, un giorno fece chiamare me ed un altro novizio e ci
disse: -quando andrete a Città del Messico mi comprareis questa
medicina per l’ameba-. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. Anch’egli si mise
a ridere e ci disse: -L’ho detto male, vero?… Scusatemi, il fatto è che ho
scritto in francese per tutta la mattinata-.
A
volte traduceva liberamente in spagnolo espressioni francesi, con risultati
molto simpatici che ci facevano sorridere. Per esempio, una sera dopo cena,
ci disse: -Cercate di addormentarvi presto, perché domani ci alzeremo di
gran mattino (che in francese significa di buon mattino), e andremo a
Chochimilco- (non è mai riuscito a dire Xochimilco).
Nel
suo vocabolario adottò la parola Chorcha, che è propria del gergo di
Guadalajara, e significa festa. Così, di frequente, dopo cena, ci diceva:
Ora prendete le vostre sedie e ce ne andiamo in sala perché dobbiamo fare
una chorchita per… Ricordo che un 5 Maggio volle fare una chorcha
–perché-, disse, -abbiamo sconfitto i francesi-… Aveva molto senso
dell’umorismo.
In
cosa consistevano queste chorchitas? Ecco, andavamo in sala,
sistemavamo le nostre sedie intorno a quella del Padre, ed egli portava
dalla sua stanza tutte le ghiottonerie che si erano accumulate nei suoi
cassetti; perché quando i nostri familiari venivano a visitarci, ci
portavano molte cose buone, ma, per insegnarci la povertà religiosa, il
Padre ci diceva che non potevamo disporre di nulla a titolo personale, ma
dovevamo consegnare tutto al superiore perché fosse messo a disposizione
dell’intera comunità. Ed era appunto in queste feste che Padre Félix
distribuiva tutte quelle cose, ordinava al cuoco di preparare cioccolato, o
almeno tè. E noi novizi mangiavamo quelle ghiottonerie, mentre il Padre ci
raccontava quanto gli era accaduto ultimamente: delle vocazioni che aveva
trovato nel suo ultimo viaggio e dei nuovi che presto ci avrebbero
raggiunto, di chiese che gli erano state offerte dai signori vescovi, di
certe nuove fondazioni che pensava di realizzare… Noi facevamo domande,
commentavamo, ridevamo, e… questa era la festa… per me il sorriso e la bontà
paterna di Padre Félix era la festa più bella" (Da una conferenza di Padre
Manuel Hernández alla Scuola Apostolica. 18 Aprile 1947).
Padre Ramón del Real ci racconta:
“Mi
impressionavano la semplicità e la povertà di Padre Félix. Era una persona
molto pulita, ma vestiva poveramente, direi quasi un po’ trasandato. Un
giorno stavo uscendo con lui per andare a visitare le Suore Adoratrici, e
gli feci notare che la manica destra del suo cappotto, all’altezza del
gomito, era consunta e rotta. Egli mi disse:
-Non importa, figlio, tanto qui a Tlalpan tutti mi conoscono-. E accadde che
due giorni dopo andammo a Città del Messico per comprare alcuni libri per il
noviziato. Di nuovo gli feci notare lo strappo nella manica del suo vecchio
cappotto, e mi disse:
-Non preoccuparti, figlio, tanto a Città del Messico nessuno mi conosce-.
Era povero, ma generoso con i poveri. Non mancava mai di soccorrere i
questuanti e non dava poco, ma li aiutava generosamente.
Un
giorno, mentre camminavamo per strada, si avvicinò un vecchietto a
chiedergli l’elemosina. Padre Félix mise mano al borsellino e gli diede una
moneta. Io gli dissi:
-Padre è un hidalgo d’oro!-.
-Sì-, mi rispose; -anche lui ne ha bisogno-.
E
guardando il vecchietto allontanarsi, scuotendo la testa disse:
-Poveretti… poveretti… Dio solo sa quanto soffrono!…-.
Un
altro giorno vidi come abbracciava una vecchina che piangendo gli si
avvicinò per raccontargli le sue pene e chiedergli aiuto.
Quando facevo il servizio di portineria nel noviziato, venivano dei
questuanti a chiedere e io andavo dal padre economo che mi dava sempre
qualcosa. Ma i poveri mi dicevano:
-Non c’è il padre con i capelli bianchi? Quando lo posso vedere?-.
Una
volta andammo al posteggio dei taxi ed io mi diressi verso l’auto più nuova.
Padre Félix mi fece un cenno e mi disse:
-Prendiamo quella più vecchia. Guarda che aspetto dimesso ha l’autista… Così
lo aiutiamo un poco-.
Quando gli si avvicinavano i bambini che vendevano caramelle, ne comprava
sempre un po’ e poi le regalava ad altri bambini.
Una
volta ci parlò dei poveri, e dell’amore che dobbiamo loro in quanto figli
prediletti del Padre, e perché in essi è presente Cristo. Quindi aggiunse:
-Quando un povero viene a bussare alla nostra casa, non deve mai andarsene a
mani vuote; ricordate che abbiamo fatto voto di povertà, non di avarizia.
Date, e Dio vi darà di più e di più-" (P. Ramón del Real. Conferenza ai
novizi. 10 Gennaio 1950).
Padre Vicente Méndez era anche uno dei seminaristi moreliani che Padre Félix
aveva "pescato" per la sua nascente Congregazione.
Conservava molti ricordi dell’amabile fondatore, li raccontava con molto
garbo e ne lasciò perfino alcuni scritti.
Da
un discorso agli studenti di filosofia prese quanto segue:
“Amavo molto Padre Félix, e lui aveva molta fiducia in me. Chiamava Padre
Alvarez e me i gemelli perché siamo stati ordinati insieme.
Vi
racconterò qualcosa che ricordo del tempo in cui mi nominò Maestro dei
novizi, quando egli dovette nascondersi in casa di Elenita Aceves, a causa
della persecuzione religiosa. Talvolta usciva dal suo nascondiglio,
naturalmente di notte, per fare una capatina al noviziato e vedere come
andavano le cose. Mi chiedeva molte cose circa i novizi; esordiva sempre con
la stessa domanda:
-Come va la salute dei ragazzi?-.
Un
giorno gli dissi:
-Mon Père (mi piaceva chiamarlo mon père e perfino parlargli nel mio pessimo
francese), il fratello infermiere mi ha detto che ci sono diversi fratelli
che soffrono di stitichezza, perché non fanno esercizio fisico-.
-Certo, ribatté, se non camminano gli si forma un mattone nello stomaco-.
In
quel momento fu dato il segnale per la cena, e quando finimmo di cenare
Padre Félix disse ai novizi:
-Il
padre Maestro mi ha detto che parecchi di voi soffrono di stitichezza. Per
favore alzino la mano los estreñidos (ndt: quelli che soffrono di
stitichezza) perché l’infermiere ne prenda nota-.
Il
novizio che mi stava vicino alzò la mano, e siccome lo conoscevo molto bene,
gli dissi:
-Fratello, hai capito ciò che ha detto il Padre?-.
-Beh… credo che abbia detto di alzare la mano los distraidos… (ndt:
quelli che sono distratti)-.
Il
buon Padre Félix ordinò all’infermiere di dar loro papaia a colazione, tutti
i giorni, ma io gli chiesi il permesso di comprare un equipaggiamento da
Base-ball ed un pallone da Foot-Ball. Nostro Padre mi disse:
-In
Francia queste cose non sono in uso tra i religiosi… però se lei crede che
questo sia di aiuto per la salute dei novizi, va bene-.
Pochi giorni dopo, un Mercoledì, invitai nostro padre alla prima partita di
Base-Ball. Egli non conosceva assolutamente nulla di quel gioco, però
accondiscese paternamente a restare con i suoi figli in quella giornata
particolarmente allegra. Guardava molto sorpreso le battute, le palline che
partivano sparate, e dopo qualche momento m’indicò il catcher con la
sua maschera sul viso e mi disse molto serio:
-Compri le maschere per tutti prima che si rompano il naso…-.
Un’altra sera, il Padre ed io rimanemmo a parlare fino a molto tardi.
Improvvisamente mi chiese:
-Come dormono i suoi novizi?-.
-Suppongo molto bene…-.
-Suppone? È necessario controllarli ogni tanto-.
-Prenda una lanterna e andiamo a vedere-.
E
andammo al dormitorio…
Dirigeva la luce su ciascun letto, e in uno di questi c’erano due materassi
uno sull’altro. Nostro Padre si avvicinò, scosse il materasso dicendo a
bassa voce:
-Fratello… fratello!…-. Fratel Pedro sporse la testa dalla coperta come una
tartaruga.
-Mio Dio! Esclamò il Padre, perché dorme in questo modo, fratello?-.
-È
che sento molto freddo-, spiegò il ragazzo.
-D’accordo-, disse padre Félix, -però tutto quel peso le fa male, domani il
Padre Maestro provvederà a farle dare due coperte di lana-.
Quindi ne vide un altro coperto da capo a piedi come una mummia.
-È
fratel Juan, mon Père-.
-Ah…per questo è così giallo…
non respira abbastanza ossigeno durante la notte… Bisogna insegnargli a
dormire con il capo scoperto oppure-, aggiunse scherzando, -fategli un foro
nella coperta perché possa metter fuori almeno il naso…-.
Un’altra volta mi disse:
-Io
credo che quel ragazzo non abbia vocazione…-.
-Perché, mon Père?-.
-Perché sembra un pesce... non parla mai, non guarda nessuno...-.
La
sua diagnosi si rivelò esatta. Il giovane non poté adattarsi alla vita di
comunità e chiese di rientrare in famiglia.
Era
usanza nel noviziato che chiunque preparava
la tavola mettesse una pagnotta in ciascun piatto. Un giorno arrivò Padre
Félix per una delle sue visite e si soffermò a guardare il fratello che a
tutta velocità stava mettendo le pagnotte sui piatti. Si avvicinò e gli
disse:
-Fratello, il pane ha un suo verso, bisogna metterlo con il viso rivolto
verso l’alto, così, così, così-.
Un’altra volta venne a cena e gli commentai:
-È
appena arrivato un telegramma per fratel Isidro; informano che la madre è
molto malata-.
Padre Félix mi consigliò:
-Non glielo dica fino a domattina. Non si dà mai una brutta notizia di
notte, perché gli si impedisce di dormire, a meno che non si tratti di cosa
troppo urgente… Andiamo a pregare per Isidro e per sua madre-.
Era
così paterno e amorevole che perfino gli animali erano oggetto delle sue
attenzioni e preoccupazioni. Nel noviziato avevamo una gatta e un giorno
Nostro Padre si accorse che era in calore e miagolava tristemente…
Prontamente andò al telefono e chiamò Suor Paz Ular:
-Madre Paz, potrebbe farci il favore di prestarci il suo gatto? Abbiamo qui
la nostra gatta che sembra le si stia spezzando l’anima-.
Padre Félix possedeva un’inesauribile senso dell’umorismo e anche in
situazioni sfavorevoli anziché arrabbiarsi riusciva a trovare qualcosa di
divertente. Un giorno mi chiese di accompagnarlo a visitare una famiglia e
quando stavamo per arrivare alla casa, trasse dalla tasca una dentiera che
gli era stata appena fatta ma non era riuscita bene, me la mostrò e disse:
-Questa dentiera mi serve soltanto per sorridere-.
Subito se l’applicò e mi sorrise graziosamente.
Ricordo un’altra occasione in cui pure lo accompagnavo a far visite,
rientrammo molto tardi al noviziato ed io mi avviai verso la sala da pranzo.
-Vado a vedere cosa ci hanno lasciato per cena-, gli dissi.
Cercai in cucina, nel frigorifero, nella dispensa. Niente!
-Non ci hanno lasciato nulla, mon Père!-.
-Bene, sicuramente hanno voluto lasciarci più tempo per dormire… andiamocene
subito a letto.
Raccontano che quando gli comunicarono che il governo aveva confiscato le
quattro case della Congregazione, restò in silenzio per qualche secondo, ad
occhi chiusi, come stesse parlando con Dio, poi per incoraggiare i Padri,
sorrise e disse:
-Bene, ringraziamo Dio che non avevamo cinque case, perché la perdita
sarebbe stata maggiore-.
Così era il nostro Padre fondatore: semplice e amorevole, ottimista e santo…
Era impossibile non amarlo!
Ricordo di lui tante cose che se ora volessi raccontarvele non basterebbe
l’intera notte… un’altra volta vi racconterò altri episodi" (P. Vicente
Méndez. Conferenza 10 Gennaio 1952).