CAPITOLO III
VERSO NUOVI ORIZZONTI
Ricordiamo
queste parole scritte da Padre Félix:
"Mi disse (la Signora Armida) che
era necessario che io uscissi dal letargo spirituale in cui mi trovavo, che
mi offrissi a Dio con decisione, e che cominciassi una nuova vita" (Lettera
al Superiore Generale).
"Questa conversazione orientò la
mia vita verso nuovi orizzonti" (Diario).
In una lettera a suo fratello
Manuel scrive:
"Da quel giorno, si è verificato
un cambiamento dentro di me: il mio futuro ha assunto un altro colore. Il
mio cuore si è infiammato d’amore per la Croce di Cristo, ora mi appare più
desiderabile e più luminosa".
In un’altra lettera al Superiore
Generale dice:
"Dopo quella conversazione con la
Signora Cabrera mi sentii cambiato e decisi di adottare una vita da perfetto
religioso".
A Conchita scrive:
“Dalla prima volta che Lei mi ha
parlato, sono cambiato completamente. Amo nostro Signore e penso a Lui
costantemente” (4 Aprile 1903).
Nel suo Diario dice di aver
fatto di se stesso un’offerta totale a Dio, e rinnovò i suoi voti religiosi
con fervore speciale. Inoltre incrementò molto le sue penitenze: dormiva su
assi, e usava come cuscino un pezzo di trave. Ogni giorno si fustigava 200
volte con il flagello di corda e 300 volte con quello di sangue che è
fatto con aculei metallici. Usava il cilicio giorno e notte. Si incise sul
petto, con ferro rovente, il monogramma J.H.S. Ogni notte si alzava per fare
un’ora di preghiera con una corona di spine sul capo.
A noi queste penitenze fanno
inorridire e inoltre non vediamo la necessità di simili pratiche per
progredire nella vita spirituale. Però durante il secolo scorso e all’inizio
di questo, era molto raccomandato dai maestri di ascesi per "sottomettere le
cattive passioni"… Ciò che importa nel caso di Padre Félix è la generosità e
l’offerta che implica l’aver praticato tali penitenze.
In una lettera, Padre Thill dice
che lui e gli altri Padri Maristi che all’epoca vivevano con Padre Félix,
avevano notato in lui un grande cambiamento:
"Non era più lo stesso. Passava
lunghi momenti davanti al Santissimo, durante le ricreazioni non era più
così scherzoso, sembrava stesse in un altro mondo" (Lettera a Padre J.
Padilla).
La stessa Conchita era ammirata
dei progressi spirituali di Padre Félix:
"Ho la gioia di constatare che
Padre Félix corrisponde pienamente alla grazia di Dio. Vedo chiaramente come
lo Spirito Santo lo sospinge, e come Padre Félix approfitta di questo vento
divino che lo porta verso la Croce. Mi rendo conto della lotta interiore che
egli sta vivendo. Ho visto nascere in lui questa nuova vocazione che va
crescendo come un fuoco e capisco la sua inquietudine. Le sue aspirazioni
sono molto elevate, ed è chiamato ad una perfezione molto alta" (Diario
Spirituale).
A sua volta, Padre Félix scrive
nel suo Diario:
"Sono consapevole di non valere
nulla. Mi sono ricordato dei miei abominevoli e numerosi peccati mortali,
delle mie ricadute, della mia scarsa intelligenza e del mio modesto sapere.
È come se avessi una patina che mi fa apparire diverso da quello che sono,
ma non è così. Tutto in me è superficiale, tranne la mia spessa cappa di
superbia e di amor proprio, i miei giudizi frettolosi, il mio totale
disordine. E questo è lo strumento che Dio ha voluto chiamare per aiutarlo…!
Quali misteri divini!…
Però adesso, mio amato Gesù, fa’
che questo essere spregevole sia degno della tua grazia. Tu puoi cambiarmi
radicalmente" (Venerdì Santo, 10 Aprile 1903).
Quello stesso Venerdì Santo, Padre
Félix scrisse questa preghiera:
"Gesù crocifisso, voglio
crocifiggermi per Te. Voglio tenere a bada il mio corpo, come se si
trattasse di legna per un sacrificio. Voglio morire a tutto ciò che non sia
Te o che non mi porti a Te. Sono profondamente grato per la Tua amorevolezza
e voglio corrisponderti, per quanto me lo permettano la mia debolezza e la
mia grande miseria.
Sì, mio Gesù, nonostante le mie
imperfezioni, sono tutto tuo, in ogni momento, in ogni luogo".
Un mese più tardi, Conchita
scriveva al suo direttore spirituale:
"Che carattere davvero deciso, e
che cuore ardente ha Padre Félix! È necessario trattenerlo perché non corra
troppo…
Vedo qualcosa di straordinario nei
piani di Dio riguardo a quest’anima, perché ho avvertito come l’azione dello
Spirito Santo lo ha trasformato. Però, perché con una rapidità così
inconsueta? Certamente per la pronta risposta di Padre Félix e perché Dio lo
sta preparando per questo fine" (Lettera a Padre Mir).
Due mesi più tardi, il 13 Luglio,
Conchita scrive a Padre Félix:
"Ancora una volta ho scorto la
perfezione che il Signore vuole per la Sua anima. Senza che Lei lo meriti,
Dio La sta colmando di doni: quegli impulsi al raccoglimento, quella sete di
invocare lo Spirito Santo, quella necessità di abbandonarsi completamente a
Cristo e stare con Lui nel sacrario, i Suoi progressi nella preghiera, nella
penitenza, e quell’ansia di conoscere meglio se stesso".
Dal 13 Giugno di quell’anno (1903)
Conchita aveva preso come direttore spirituale Padre Félix. Questa direzione
divenne per entrambi motivo di un grande progresso spirituale.
Padre Félix ebbe l’opportunità di
leggere gli scritti di Conchita e di conoscerne a fondo la spiritualità,
cioè la spiritualità della Croce che consiste nel seguire Gesù come
sacerdote e vittima.
Questa situazione durò soltanto un
anno e un mese, per i motivi che spiegheremo successivamente. Padre Félix
diceva che quello fu "il suo anno di noviziato". Man mano che quel periodo
trascorreva, in Padre Félix maturava sempre più la certezza che tutto questo
era opera di Dio: le rivelazioni della Signora Cabrera, il loro incontro
provvidenziale, le Opere della Croce, e la sua vocazione ad essere il
fondatore dei missionari dello Spirito Santo. Tale incrollabile certezza
proveniva da varie fonti: la principale era la luce interiore che Dio gli
comunicava. Inoltre la santità di vita che aveva potuto riscontrare in
Conchita, la validità della stessa fondazione, cioè lo spirito e le finalità
della nuova congregazione e, infine, i
sensibili progressi della sua vita spirituale seguiti all’incontro con la
Signora Cabrera e con le Opere della Croce.
Tutto ciò non poteva provenire né
dallo spirito del male, né dalla fantasia di chicchessia. Tutto questo aveva
il sigillo di Dio.
D’altra parte Padre Félix, molto
umilmente e prudentemente, si era consultato, su tutto questo, con vari
vescovi e sacerdoti e tutti gli dimostrarono la loro entusiastica
approvazione.
Scrive nelle sue Memorie:
"Io, per dire il vero, non avevo
alcun dubbio che la mia chiamata fosse opera di nostro Signore; tuttavia
capivo che, per evitare dubbi ai futuri membri di questa congregazione, su
una questione tanto delicata, era meglio consultare persone competenti".
In ogni caso, al di là di tutto,
Padre Félix riteneva che l’unico cammino sicuro per scoprire la volontà di
Dio era quello dell’obbedienza ai legittimi superiori. Pertanto, come si
vedrà in seguito, scelse come criterio definitivo la decisione del suo
Superiore Generale.
Il 17 Aprile Padre Félix, insieme
ad altri due Padri Maristi, si recò a Oaxaca per gli esercizi spirituali,
poiché aveva scelto come predicatore Padre Mir, che risiedeva appunto in
quella città e che, come già detto, era il direttore spirituale di Conchita
da undici anni.
Padre Félix raccontò a Padre Mir
tutto quello che gli era accaduto a partire dal 4 Febbraio. I due sacerdoti
pregarono molto in quei giorni, soppesarono attentamente ogni aspetto della
nuova vocazione di Padre Félix e conclusero davanti a Dio che, senza alcun
dubbio, il Signore lo chiamava ad essere il fondatore dei Religiosi della
Croce.
Al termine del ritiro Padre Félix
scrisse nel suo Diario:
"Signore, mi abbandono
completamente a Te e mi offro per la fondazione di quella congregazione,
secondo la tua divina volontà".
Al ritorno da Oaxaca Padre Félix
scrive al fratello Manuel:
“Mio caro fratello Manuel, come
sono strani i percorsi di Dio! Sono percorsi misteriosi, pieni di
misericordia, di perdono e di tenerezza. Io non avevo conosciuto abbastanza
Gesù, quel Maestro tanto amato, per il quale sento ora che darei mille volte
la vita. Lo avevo abbandonato, vivevo nella
tiepidezza, una tiepidezza estrema, rotta di tanto in tanto da pentimenti
profondi che mi portavano a servire Gesù, però poi di nuovo mi allontanavo
da Lui. Ma ora credo che tutto questo sia finito; ora sento che gli
appartengo per sempre. Voglio fare la sua volontà, tutta la sua volontà.
Prevedo che si diranno molte cose
contro di me, che mi calunnieranno, o interpreteranno male le mie
intenzioni; e forse mi crederanno pazzo. Ma tutto questo non mi spaventa,
anzi lo desidero per amore a nostro Signore. Peccato che non possa parlarti
più chiaramente! Non credere che stia meditando di entrare nella Certosa,
no. Il mio ideale è un altro. Io non l’ho cercato; Gesù è venuto a cercarmi.
Un giorno saprai tutto. Dio non voglia che sia tu il primo a credermi pazzo.
Ho intrapreso una grande opera,
collegata in qualche modo a tutto ciò che ti ho detto: si tratta dell’Opera
dell’Apostolato della Croce. La sua istituzione è stata formalizzata
nella nostra parrocchia Venerdì Santo, alla presenza del nostro Padre
Provinciale.
Prega affinché si compia in me la
volontà di Dio, e che io sappia corrispondervi fedelmente" (15 Maggio 1903).
Nei mesi che seguirono, Padre
Félix si dedicò con grande impegno a consolidare la congregazione delle
Religiose della Croce, che attraversava una crisi molto seria. Egli guidò
queste religiose in un processo di ricerca del loro vero cammino,
divenendone così il secondo fondatore.
Si arriva così al 1904. Il 4
Febbraio Padre Félix e Conchita si dedicarono al compito di redigere le
costituzioni della progettata congregazione maschile. Alla fine di aprile il
lavoro era concluso.
Tuttavia Padre Félix non si faceva
illusioni; prevedeva che questa fondazione gli avrebbe procurato molte
sofferenze.
In una lettera indirizzata a
Conchita scrive:
"Gesù vuole servirsi di noi per
questa opera tanto amata; soprattutto di Lei e di me come strumento occulto
nelle sue mani.
So che dovrò portare una corona di
spine. Quanti ora mi stimano, si burleranno di me. Tutti: il mio Superiore
Provinciale, i Padri che ora vivono con me e che mi obbediscono, i miei
fratelli di Puebla, di Oaxaca e di Guadaajara… tutti mi guarderanno come un
traditore della Società di Maria.
Gesù, io capisco che non sono
degno di portare questa corona di spine, di essere disprezzato per
obbedirti, di apparire pazzo per esserti fedele. Però, forse, presto mi
parlerai, mi dirai di fare il primo passo nel cammino di questo calvario che
Tu conosci…
Io sono miserabile e debole, ma
con la tua grazia andrò, correrò, per compiere la tua volontà.
Fammi completamente tuo, Gesù,
rendimi sempre forte. Che possa sorridere di fronte alle pene e alle
difficoltà, e le riceva a braccia aperte come messaggeri del tuo amore.
Rendimi umile e obbediente. Fammi
sentire sempre più affamato di compiere la tua volontà. Sempre nascosto ai
pedi del tuo sacrario, stringendoti al cuore, sacrificandomi per Te e per i
tuoi. Così sia".
Mercoledì 30 Marzo, in modo del
tutto inatteso, Conchita preannuncia a Padre Félix che riceverà "una spina
molto dolorosa".
Padre Félix scrisse nel suo
diario:
"Per un momento ebbi paura, però
poi mi dissi: -Per amore di Gesù, che venga la spina. Col suo aiuto, la
riceverò volentieri-.
Non riesco proprio ad immaginare
di cosa possa trattarsi: una morte? Una terribile malattia? Non lo so… sia
quello che Tu vorrai, amatissimo Gesù, anche se sono indegno di soffrire per
Te".
Il mattino del 1° Aprile, Venerdì
Santo, Padre Félix seppe in cosa consisteva quella "spina". Per mezzo della
Sig.a Cabrera, il Signore gli chiedeva che svuotasse il suo cuore da tutte
le cose di questo mondo, da tutto ciò che non fosse Lui stesso, rinunciando
anche all’idea di fondare la congregazione dei missionari dello Spirito
Santo.
Padre Félix, inginocchiato davanti
al sacrario, scrisse nel suo diario:
"Va bene così Signore, certamente
io non sono degno neanche di toccare le tue opere. Il tuo povero Félix si
credeva chiamato e si sentiva felice. Ora che sa che non è tua volontà
servirti di lui, e che deve rimanere dov’è, ti offre il suo cuore come un
olocausto.
Dal mio cantuccio ti servirò
sempre e ti offrirò la mia vita, nel silenzio e nell’oscurità, per i
Religiosi della Croce.
Che Tu sia il mio tutto. Che Tu
sia il mio unico desiderio. Che Tu sia l’amore esclusivo della mia anima".
I maestri della vita spirituale,
soprattutto San Giovanni della Croce, insistono sulla necessità di un
distacco totale dalle creature come condizione indispensabile per l’unione
intima con Dio. È necessario rinunciare al nostro attaccamento alle persone
e alle cose, anche quando si tratta di cose buone e sante come lo sono le
opere di apostolato. La disposizione del cuore deve essere questa: Solo ciò
che Dio vuole…solo perché Dio lo vuole…solo quando Dio lo vuole.
Padre Félix fece molti progressi
sul cammino del distacco totale. Coloro che furono suoi novizi ricordano che
ripeteva con molta spontaneità: "Dio…Dio…Dio…solo Dio".
Torniamo a quel mattino del
Venerdì Santo. Padre Félix rinunciò di buon grado ad essere il fondatore
della quinta Opera della Croce, e il suo cuore rimase ancora più pieno di
Dio. Era in pace con se stesso. Però quel pomeriggio Conchita si mise in
contatto con lui per dirgli che il Signore era soddisfatto; che aveva
superato bene una prova simile a quella di Abramo e che sarebbe stato lui il
fondatore dei Religiosi della Croce. Era pertanto giunto il momento di
parlare con il suo Superiore per chiederne l’autorizzazione.
Lo stesso Venerdì Santo, dopo gli
uffici liturgici, Padre Félix scrisse al Superiore Generale questa breve
lettera:
"Reverendissimo Padre: da diversi
mesi stavo pensando di scriverle per chiederLe il permesso di venire in
Francia per discutere con Lei di due argomenti.
Uno riguarda la mia famiglia. Mio
padre vuol dare la fattoria di Les Iles a mio fratello Stanislao e desidera
che Manuel ed io siamo presenti per sistemare il tutto.
L’altro è un fatto molto serio che
riguarda la mia persona.
Vorrei fare questo viaggio il più
presto possibile".
I sentimenti e l’ottimismo di
Padre Félix emergono chiaramente in questa lettera che, all’epoca, scrisse a
Mons. Ibarra, Arcivescovo di Puebla:
"…Confido pienamente che quello
che mi appresto a fare sia la volontà di Dio. Dovrò abbandonare la Società
di Maria, e forse proprio alla vigilia di una nomina a Provinciale o Vice
Provinciale; questa probabile nomina costituisce la prova che mi apprezzano.
Comunque lo farò perché sono certo che questa è la volontà di Gesù.
So che, umanamente parlando, il
mio Superiore non dovrebbe darmi il permesso che sto per chiedergli, però lo
farà, perché è volontà di Dio che quest’Opera si realizzi. Andrò poi a Roma
a chiedere la benedizione del Rappresentante di Nostro Signore e sono sicuro
che mi riceverà bene. Quindi cercherò vocazioni in Francia.
Non ho al momento neanche un
centesimo per partire, e ancor meno per ritornare con dieci o più vocazioni,
né per altre spese importanti. Comunque non mi preoccupo, ben sapendo che è
volontà di Dio che tutto questo si faccia, sono sicuro che Lui mi farà
trovare le risorse necessarie.
Non ho molto merito nel credere in
tante cose che umanamente sono difficili da realizzarsi, perché la mia
fiducia si basa su una serie di eventi tali che non mi consentono di
dubitare" (30 Aprile 1904).
L’11 Maggio Padre Félix ricevette
dalla Francia l’attesa lettera del suo Superiore. Era datata 24 Aprile:
"…Se davvero Lei ha necessità di
discutere con me di cose personali molto importanti, che non possono essere
trattate per lettera, può venire…".
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